martedì 15 marzo 2011

Quando la presunzione non ha limiti....

Ci troviamo a commentare un fatto che, benchè c'entri poco col calcio ma vada più nel profondo, dimostra per l'ennesima volta come l'arroganza di certi ragazzini evidemente "viziati" e legittimati ad imporre la propria autorità anche quando non serve, da QUALCUNO che sta al di sopra di loro arriva a superare tante, troppe, volte il limite.
Ora probabilmente qualcuno con la CODA DI PAGLIA, trovando il solito appoggio dei "buonisti" di turno, domenica andrà anche in televisione per spiegare le proprie ragioni trincerandosi dietro i soliti discorsi sulla qualità e sull'etica irreprensibile di tanti giovanotti. Ma certi accadementi si commentano da soli!!!

ARTICOLO TRATTO DA: WWW.ABRUZZOCALCIODILETTANTI.IT

La terra ha tremato. Le case hanno retto l’urto, ma lo tsunami ha ingoiato, sotto la sua furia, migliaia di vite, spazzando via la costa nord-orientale del Giappone. La tragedia ha colpito un popolo intero. E forse, qualche giorno fa, anche il cuore di Daisuke Shibusawa (nella foto), il piccolo samurai dello Sporting Scalo, avrà sentito un sussulto. La sua Chiba, distretto metropolitano nell’immediata periferia di Tokyo, è stata squassata dal tremendo terremoto (magnitudo 8,9 della scala Richter) che ha colpito l’intero Sol Levante. La famiglia di Daisuke è sopravvissuta alla catastrofe, ma quando si è ad oltre diecimila chilometri da casa, diventa davvero difficile correre dietro ad un pallone. «Sono terrorizzato. Mi sento così impotente: sono qui in Abruzzo, lontanissimo dai miei cari e non posso far nulla. Mentalmente non è assolutamente facile andare avanti».

La reazione del popolo nipponico nei momenti immediatamente successivi al disastro ha fatto conoscere alla comunità mondiale la dignità e la compostezza di un’intera nazione. Il coro di solidarietà si è alzato su scala globale, congiungendosi in un unico abbraccio: dal mondo della politica a quello sociale; anche da quello sportivo, sono giunti segnali di fratellanza.

Venerdì 11 marzo. Sono passate pochissime ore dalla sciagura, quando i calciatori dell’Inter, impegnati nella trasferta con il Brescia, scendono in campo con il lutto al braccio per rendere omaggio ai connazionali di Yuto Nagatomo, primo giocatore giapponese nella storia dei nerazzurri. Domenica 13 marzo. Mancano pochi minuti al calcio d’inizio della sfida fra Casalincontrada e Sporting Scalo. Francesco Acciavatti, giacchetta nera pescarese, è l’arbitro della contesa. Così com’è successo sui campi di mezza Europa, i dirigenti della squadra gialloblù inoltrano la richiesta per osservare un minuto di silenzio in memoria delle vittime del cataclisma. La risposta dell’arbitro è un secco “no”. La motivazione? Non esiste una circolare che lo preveda. Dunque, il permesso è negato.

Daisuke Shibusawa era lì, distante solo qualche metro, mentre apprendeva della scelta inoppugnabile (?) del direttore di gara: «Non ho capito le motivazioni per le quali il direttore di gara non ha concesso il minuto di silenzio. Doveva esserci. Punto e basta. Purtroppo noi non siamo l’Inter, né godiamo di una grande considerazione. Siamo piccoli e, per questo, siamo trattati come tali. Ho sentito che l’arbitro non poteva fare altro. Mi sembra molto strano. Ho giocato con la morte nel cuore».

Il pensiero di Daisuke corre più veloce delle gambe e del pallone. E la decisione del direttore di gara, inaudita ed inspiegabile, sembra quasi un pugno in faccia alla dignità dell’intero universo calcistico. È bastato un solo gesto per gettare fango copioso su un immane dramma umano. L’occasione per fare una bella figura (lì dove per “bella figura”, s’intenda bene, era sufficiente “adattarsi” alle regole previste dal buon senso e dall’opportunità) è stata stupidamente mandata all’aria. L’aggravante, per di più, trova spiegazione nel fatto che questo è rimasto un episodio isolato e circoscritto su scala nazionale. Proprio nella regione dove, solamente due anni fa, si piangevano le 309 vittime di una tragedia tanto simile quanto dolorosa. È proprio vero: talvolta, chi taccia d’ignoranza ventidue ragazzi che corrono dietro ad una sfera di cuoio, trincerandosi dietro “l’autorità” di un fischietto, rischia di far più male di quanto non possa farlo un gesto antisportivo. Che amarezza.